Natasha Korsakova, di origine russa e greca, adesso è anche italiana: infatti, al suo fidanzato, il violinista italo svizzero Manrico Padovani e al suo vicepadre, il giornalista Antonio Caprarica, mi sono affiancato io in veste di “promoter” per l’Italia, Francia, Grecia e Principato di Monaco. Una combinazione che non ho voluto farmi scappare dopo averla conosciuta a Milano, questa straordinaria “eccellenza” della musica classica.
Lei è decisamente figlia d’arte, in quanto la mamma Yolantha Miroshnikova è ancora un’eccellente pianista internazionale, mentre il nonno e il papa naturale sono stati altrettanti grandi interpreti della musica classica. Straordinarie premesse, queste, che l’affascinante Natasha ha onorato, distinguendosi fin da giovanissima per la tecnica perfetta, il suono sublime e l’interpretazione accattivante, divenendo in breve tempo una vera “star” di primaria grandezza fra i violinisti della sua generazione.
Doti divine le sue, una densa armonia di sensualità e leggerezza, con la quale ha mirabilmente estasiato il pubblico della musica colto di tutto il mondo, italiano compreso. Sembra lontano il tempo in cui la violinista, già nota in Europa e nelle due Americhe ma poco conosciuta in Italia, arrivò all’Auditorium di Milano nel maggio 2008 per eseguire con l’Orchestra Sinfonica Verdi, in tre concerti consecutivi, la Symphonie Espagnole di Eduard Lalo per violino e orchestra.
Pare ieri, ma sono invece trascorsi cinque anni da quando incontrai casualmente l’artista per la prima volta: ricordo il silenzio della sala, l’emozione intensa, le potenti e feconde note di quella sinfonia che si dissolvevano nell’animo degli astanti, distendendo e distendendosi nei cuori della gente. Prima del concerto milanese ed aver ricevuto il “Premio Catullo 2008” a Sirmione come “violinista dell’anno”, Naty for Friend, così battezzata dal sottoscritto, aveva eseguito applauditi concerti ad Asolo, Verona, Bergamo.
Da allora, il Bel Paese è tra i suoi approdi preferiti: nel 2009 è a Roma, dove suona all’Accademia di Santa Cecilia a Roma e davanti al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale, e nel 2011 di fronte a Papa Ratzingher in Sala Nervi. In Italia la Korsakova ha anche conosciuto, ricevendone i complimenti, il maestro Uto Ughi. La cetra che usa Natasha è uno strumento di grande pregio, un vigoroso Presenda 1843 che ha preferito ad un Panormo del 1765 adottato fino al 2010, violini con i quali ha girato il mondo esibendosi sui palchi più prestigiosi: in Europa a Roma, Berlino, Amsterdam, Lipsia, Colonia, Vienna, Monaco di Baviera, Londra; in Asia a Tokyo e in Sudamerica a Santiago, città dove ha tenuto anche corsi di specializzazione all’Università della Musica.
Natasha Korsakova è tra le più dotate violiniste della nuova generazione, quella che segue la strada tracciata dalla celebre e splendida Anne-Sophie Mutter. Dee del violino adorate dal pubblico, dalla tv, dai giornali per il loro talento, ma anche per l’avvenente fascino femminile. Certo la musica è suono e l’udito della gente è il suo primo destinatario, ma l’esibizione, un’inebriante scala di sensi inquadrata nel rigore della musica classica, coinvolge anche gli sguardi. Una sensualità elegante, rara come rara è l’anima che lei veste: talento e bellezza costituiscono il segno, la chiave di violino di Natasha Korsakova, che recentemente ha incontrato, con il sottoscritto, a Milano alcuni produttori tra cui Caterina Caselli per iniziare una collaborazione discografica.
Ciò fa ben presagire che l’affascinante violinista avrà l’occasione di tornare in Italia per essere coinvolta in una serie di produzioni cultural – chic come dice il suo manifesto.